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le richieste al gup

Tangenti sanitarie, il pm chiede il giudizio per il ministro Fitto e l'editore Angelucci

I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra il 1999 e il 2005, quando Fitto era presidente della Regione

Fitto nel suo ufficio di presidente della Regione Puglia

2009-10-13

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2009-10-13

 

CORRIERE della SERA

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2009-10-13

le richieste al gup

Tangenti sanitarie, il pm chiede il giudizio per il ministro Fitto e l'editore Angelucci

I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra il 1999 e il 2005, quando Fitto era presidente della Regione

Fitto nel suo ufficio di presidente della Regione Puglia

BARI - Si è conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio per 78 dei 90 indagati la discussione dell’udienza preliminare a carico, tra gli altri, del ministro per gli Affari Regionali, Raffaele Fitto (Pdl), e dell’editore e imprenditore romano Giampaolo Angelucci. La richiesta è stata fatta dalla pubblica accusa al termine dell’udienza del procedimento "La Fiorita", che si celebra dinanzi al gup Rosa Calia di Pinto. All’udienza, che si concluderà il 30 novembre prossimo, è costituita parte civile la Regione Puglia.

I fatti contestati fanno riferimento al periodo compreso tra il 1999 e il 2005, quando Fitto era presidente della Regione Puglia, e si prescriveranno tutti entro il 2012. A Fitto, all’epoca dei fatti presidente della Regione Puglia, si contestano i reati di associazione per delinquere, peculato, concussione, corruzione, falso, abuso d’ufficio e illecito finanziamento ai partiti.

Il reato di corruzione contestato a Fitto ed Angelucci riguarda una presunta tangente di 500.000 euro pagata - secondo i pm - da Angelucci al movimento politico creato da Fitto per le regionali dell’aprile 2005, "La Puglia prima di tutto". Il danaro fu elargito - sostiene la procura - per ottenere dalla giunta regionale pugliese, nel 2004, l’aggiudicazione dell’appalto settennale da 198 milioni di euro per la gestione di undici Residenze sanitarie assistite (Rsa). Per questi fatti Angelucci, il 20 giugno 2006, fu posto agli arresti domiciliari per alcuni giorni; per Fitto, essendo frattanto divenuto parlamentare di Forza Italia, la magistratura barese chiese alla Camera l’autorizzazione a procedere all’arresto, richiesta che fu negata dall’aula di Montecitorio.

Secondo la difesa di Fitto, i reati contestati sono insussistenti, anche perchè il finanziamento elettorale ricevuto fu regolarmente registrato. "Gli atti documentano l’assoluta infondatezza delle accuse, come la difesa dimostrerà dinanzi allo stesso gup", afferma il difensore del ministro, Francesco Paolo Sisto. "Da circa 4 anni sulle vicende giudiziarie dell’onorevole Raffaele Fitto continuano ciclicamente ad essere date delle "non notizie". Ogni passaggio meramente formale - lamenta Sisto - costituisce pretesto per intonare una cantilena che ricorda l’impianto accusatorio nei minimi dettagli". "Ecco quindi che la discussione di oggi, normale passaggio dell’udienza preliminare che si concluderà solo il 30 novembre prossimo, diviene, come in precedenza, occasione - secondo il legale - per ribadire che la Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio di Fitto. Se siamo in udienza preliminare è ovvio che in precedenza c’è stata una richiesta di rinvio a giudizio: ciò nonostante gli atti documentano l’assoluta infondatezza delle accuse, come la difesa dimostrerà dinanzi allo stesso gup". "Rimane quindi ferma la fiducia - conclude Sisto - nella serena valutazione del giudice, sia pure nell’amarezza suscitata da questa ingiusta e sterile cantilena".

Prima della discussione il gup ha ammesso sette imputati al giudizio con rito abbreviato e per altri cinque, tra cui l’imprenditore campano Alfredo Romeo (accusato di turbativa d’asta e di concorso in rivelazione del segreto d’ufficio), ha disposto l’invio degli atti alla procura di Roma per competenza territoriale. Ha inoltre respinto tutte le eccezioni del difensore di Fitto, l'onorevole Francesco Paolo Sisto (Pdl), relative alla inutilizzabilità delle intercettazioni e di alcuni atti d’indagine.

L'inchiesta fu un ciclone che si abbattè su direttori generali di Ausl pugliesi, funzionari pubblici e vertici del gruppo della cooperativa barese "La Fiorita" per l’assegnazione di gare d’appalto per i servizi di pulizia, guardiania, ausiliariato e smaltimento di rifiuti speciali in alcune Ausl. e portò nell’aprile del 2005 all’arresto di 14 persone.

Ad aprile scorso nella Procura di Bari arrivarono quattro ispettori inviati dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, per accertare eventuali comportamenti irregolari nella conduzione delle due inchieste, a carico delle società "La Fiorita" e "Cedis", che vedono coinvolto il ministro Fitto. Contro l’ispezione ministeriale si scagliarono nove senatori del Pd, che in una interrogazione parlamentare firmata anche dai magistrati in aspettativa, Gianrico Carofiglio e Alberto Maritati, denunciarono "una interferenza nell’attività giurisdizionale, interferenza munita di un’oggettiva forza di intimidazione nei confronti dei pubblici ministeri, e soprattutto dei giudici che si occupano delle vicende che vedono come imputato il ministro Raffaele Fitto". Parole che suscitarono la dura replica dell’ex governatore pugliese che parlò di "casta togata che siede pro tempore sui banchi del Senato".

 

12 ottobre 2009

 

 

REPUBBLICA

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2009-10-13

Il ministro e l'editore coinvolti in una maxi inchiesta con accuse di associazione a delinquere, concussione e corruzione

Secondo i pm, l'imprenditore avrebbe versato 500mila euro alla lista dell'ex governatore in cambio di favori

Puglia, tangenti per appalti sanitari

Chiesto il processo per Fitto e Angelucci

La difesa dell'ex presidente della Regione: "Fu un finanziamento regolarmente registrato"

Puglia, tangenti per appalti sanitari Chiesto il processo per Fitto e Angelucci

BARI - Chiesto il rinvio a giudizio per il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, e l'editore e imprenditore romano Giampaolo Angelucci al termine di un'indagine sugli appalti sanitari in Puglia. Durante la prima udienza preliminare, i pubblici ministeri baresi Renato Nitti, Roberto Rossi e Lorenzo Nicastro, hanno chiesto al giudice per le indagini preliminari Rosa Calia Di Pinto il rinvio a giudizio per 78 dei 90 imputati dell'inchiesta "La Fiorita". La Regione Puglia si è costituita parte civile all'udienza, che si concluderà il 30 novembre prossimo.

I reati contestati. I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra il 1999 e il 2005, quando Fitto era presidente della Regione Puglia. Secondo l'accusa, sarebbe colpevole di associazione per delinquere, peculato, concussione, corruzione, falso, abuso d'ufficio e illecito finanziamento ai partiti. Ad Angelucci si contestano invece i reati di corruzione e di illecito finanziamento di 500.000 euro alla lista di Fitto, "La Puglia prima di tutto".

Tangenti e appalti sanitari. Secondo il pubblico ministero, Angelucci avrebbe pagato una tangente da 500.000 euro al movimento politico creato da Fitto per le regionali dell'aprile 2005, "La Puglia prima di tutto". Soldi elargiti - sostiene la procura - per ottenere dalla giunta regionale pugliese, nel 2004, l'aggiudicazione dell'appalto settennale da 198 milioni di euro per la gestione di undici residenze sanitarie assistite. Ciò

- secondo l'accusa - avrebbe consentito alla società, guidata da Dario e Pietro Maniglia, di operare in una posizione di monopolio nel settore, di realizzare profitti illeciti e gestire in modo clientelare tantissimi posti di lavoro. Per questi fatti Angelucci, il 20 giugno 2006, venne posto agli arresti domiciliari per alcuni giorni. Per Fitto, che nel frattempo era diventato parlamentare di Forza Italia, la magistratura barese aveva chiesto alla Camera l'autorizzazione a procedere all'arresto. Richiesta che fu negata dall'aula di Montecitorio.

La difesa. Secondo i legali dell'ex presidente della Regione Puglia, i reati contestati sono insussistenti. Uno dei motivi addotti dalla difesa è la regolare registrazione del finanziamento elettorale da 500mila euro ricevuto all'epoca dal movimento di Fitto.

Gli altri imputati. Prima della discussione il gup ha ammesso sette imputati al giudizio con rito abbreviato e per altri cinque, tra cui l'imprenditore campano Alfredo Romeo (accusato di turbativa d'asta e di concorso in rivelazione del segreto d'ufficio), ha disposto l'invio degli atti alla procura di Roma per competenza territoriale. Ha inoltre respinto tutte le eccezioni del difensore di Fitto, Francesco Paolo Sisto (Pdl), sull'inutilizzabilità delle intercettazioni e di alcuni atti d'indagine. Nel procedimento sono imputati anche il presidente e il direttore generale di Aeroporti di Puglia, Domenico Di Paola (per corruzione) e Marco Franchini (turbativa d'asta), l'editore salentino Paolo Pagliaro (corruzione), il consigliere regionale Giovanni Copertino (Pdl), l'ex assessore regionale di Fi Andrea Silvestri (truffa e turbativa d'asta) e l'ex dg dell'Ares Puglia Mario Morlacco (falso).

(12 ottobre 2009)

 

 

 

 

La famiglia. Dagli affari al grande salto in politica

Il capostipite e fondatore: io non sono solo sanità

L'ex portantino e i tre eredi

Dynasty sanitaria tutta d'oro

di ANTONELLO CAPORALE

L'ex portantino e i tre eredi Dynasty sanitaria tutta d'oro

La clinica San Raffaele a Velletri

ROMA - Non c'è un Angelucci, esistono "gli" Angelucci. Una storica foto riassume e definisce l'orizzonte fisico della missione industriale. Quattro maschi adulti e in fila, il capostipite in occhiali scuri. Tetri come funzionari brezneviani, ma affiatati e fedeli l'uno all'altro. Formiche ingegnose dedite al compito della vita: fare soldi, presto e bene.

Tonino è il capo, Giampaolo è il figlio delegato, cioè il vice. Gli altri due fratelli adulti hanno funzione di decoro industriale. Ce ne è un quarto ma è piccolino, ancora bambino. Dunque escluso dalle vicende. La moglie e mamma, la signora Silvana, invece è scomparsa anni fa. Tonino e Silvana, cioè Tosinvest. Tosinvest si chiama la holding sotto cui brilla il family team. Sede in Lussemburgo, perché il talento a questi livelli ha necessità di una boccata d'aria, e ramificazioni italiane, soprattutto romane. Soprattutto sanitarie.

C'è sempre un motivo, un perché sul fatto che lo Stato perde soldi nella sanità mentre i privati fanno soldi con la sanità. Quel percorso, tra Tac e posti letto, affidamenti e convenzionamenti, ha già condotto gli Angelucci - mesi addietro - a vedersela con i giudici pugliesi. Questa volta l'indagine parte da Velletri, la procura di quella città da dove Tonino convertì la liquidazione di portantino ospedaliero in un sogno: fare impresa, fare cash. Non c'è che dire. Cinquemila posti letto, cinquemila dipendenti, quasi il 2 per cento di Capitalia. Potrebbe bastare e basterebbe a chiunque.

Un ponte di comando che sembrava incredibilmente non bastasse alla responsabile della gioielleria esclusiva a cui si era rivolto il signor Angelucci. Dall'innocente colloquio intercettato il senso della vita. "Dottor Angelucci", si presenta lui. "Mi scusi, l'avrò declassata", dice lei. "Ha mai sentito l'ospedale San Raffaele? Quello sono io" rammenta il patron. "Ah, quello è lei, mi scusi se l'ho declassata". Eppure il boato, il tumulto che si impossessa del cuore della signora, si ha solo quando il tycoon butta sul piatto l'arma letale: "Libero, lo legge Libero lei?". "Mamma mia, io sono una fedele di Libero!". E vabbè, io so l'editore di Libero, ha visto?".

Angelucci conosce la verità elementare della chimica del potere. Bisogna che le singole particelle, le filiazioni societarie, intercettino una rotativa. Insomma, perché la fortuna non ti molli decisivo risulta sporcarsi le mani d'inchiostro - costi quel che costi - per contare davvero. E quella innocente conversazione, e lo stordimento della povera signora al momento del colpo finale ("Lo legge Libero lei?") è la prova del nove. Gli Angelucci, anche in questo caso, hanno fatto meglio e di più. Non uno ma due giornali, Libero e Il Riformista. Non una linea editoriale ma due. Con il piede destro nel centrodestra e col piede sinistro nel centrosinistra. Aggiungasi che la famiglia ha esercitato un notevole fascino finanziario che ha convinto i diessini, alleggeriti di parecchi debiti, a trasferire a Tosinvest Botteghe Oscure, le Frattocchie e persino un pezzetto di Unità. Si era a un passo da concedergliela tutta in sposa: problemi politici hanno convinto la famiglia a rinunziare all'acquisto. E però tutto quel che resta del comunismo italiano è nelle loro tasche. Giampaolo ferma la Ferrari, lui ama le Ferrari, nei dintorni di via dei Polacchi. Poi si incammina e accede al Bottegone, nel tempio del Pci dove, con gusto, ha ristrutturato tutta l'ala meno esposta ai rumori, ricavandoci altri appartamenti, uno dei quali abita personalmente. In una delle visite accurate nel sottoscala si dice abbia scovato decine di busti e quadri. Gli sarebbe anche venuta l'idea: una sorta di memorabilia del pensiero marxista.

Il passo doppio dei quattro Angelucci, di destra e di sinistra, di sopra e di sotto, vicini a D'Alema e a Fassino (il secco lo chiama papà Tonino) e a quegli altri, soprattutto a Gianfranco Fini avendo alle dipendenze dell'impero un altro Fini, Massimo, medico stimato del San Raffaele, si è come interrotto l'anno scorso.

Il capostipite ha voluto fare il grande salto in politica. Candidato ed eletto con il Popolo della libertà. Adesso l'onorevole Angelucci potrà vedere sottoposto al vaglio della Giunta parlamentare l'autorizzazione all'arresto. Tira il giusto vento per fortuna. Non si sono viste le carte ma la sua parte politica non sembrerebbe interessata ad accedere alla domanda del procuratore. A prescindere, come diceva Totò. Certo non l'immunità ha carezzato Tonino Angelucci quando ha deciso di candidarsi. In una imperdibile intervista a Libero, e l'uomo in tutta la sua vita ne ha concessa solo un'altra, ha spiegato: "Non vorrei che qualcuno considerasse il mio impegno così riduttivo e circoscritto. Angelucci non è solo sanità".

Però, e purtroppo, ancora tac, posti letto, convenzioni e prestazioni. Gli Angelucci al centro. Gli, plurale.

(5 febbraio 2009)

 

 

 

 

Dopo la richiesta d'arresto per l'ex governatore della Puglia

il Polo insorge: "Procure politicizzate attaccano il centro-destra"

"Ora è emergenza democratica"

Cdl scatenata per la vicenda Fitto

Berlusconi preoccupato per l'ennesimo "attacco giudiziario"

<B>"Ora è emergenza democratica"<br>Cdl scatenata per la vicenda Fitto</B>

Silvio Berlusconi

ROMA - "Siamo all'emergenza democratica". E' un grido unanime quello che si leva nella Cdl dopo la richiesta d'arresto nei confronti dell'onorevole Raffaele Fitto. Ufficialmente Silvio Berlusconi non

commenta la bufera giudiziaria che ha coinvolto l'azzurro Raffaele Fitto in Puglia, ma con i più stretti collaboratori il Cavaliere si sarebbe detto "preoccupato" per l'ennesimo "attacco giudiziario" che confermerebbe un disegno più vasto, volto a delegittimare la classe dirigente del centrodestra.

Agli alleati Berlusconi avrebbe anche ricordato di aver segnalato l'anno scorso l'urgenza di approvare una nuova legge per regolare l'uso e la pubblicazione delle intercettazioni. "Io l'avevo detto - avrebbe sostenuto - Nessuno può dirsi al sicuro da questi attacchi".

Per il coordinatore nazionale di Forza Italia Sandro Bondi e il vicecoordinatore nazionale Fabrizio Cicchitto è "l'ultimo avvenimento - dicono - di una serie di fatti gravissimi che creano un'autentica emergenza democratica".

Tutti gli esponenti forzisti oltre ad esprimere la propria solidarietà nei confronti dell'ex presidente della Regione Puglia, puntano anche il dito contro le "Procure politicizzate", che, secondo il segretario della Democrazia Cristiana Gianfranco Rotondi "attaccano partiti, parlamentari e simboli dell'opposizione di centro-destra".

Niccolò Ghedini, senatore di FI e avvocato del leader della Cdl Silvio Berlusconi, invita "chi governa e il Parlamento" a intervenire "con la massima urgenza per garantire l'effettivo svolgimento della vita politica e democratica che rischia di essere gravemente vulnerata". E in particolare chiede al ministro Mastella di andare "immediatamente in Parlamento a spiegare quali provvedimenti intende assumere per evitare il continuo abuso sulle intercettazioni e per garantire ai parlamentari il libero esercizio della loro doverosa attività politica".

Non usa il fioretto neanche Gianni Baget Bozzo: "L'Unione monopolizza le cariche istituzionali, il governo e le istituzioni locali, controlla le organizzazioni sociali. Ma questo non basta: si è riaperto il circolo mediatico-giudiziario che ha travolto la Banca d'Italia, la Federcalcio, la Rai, Alleanza Nazionale ed ora colpisce anche Raffaele Fitto e il vescovo di Lecce".

Ed Elio Vito, presidente dei deputati di Forza Italia, parla di "una vera e propria campagna di intimidazione nei confronti del centrodestra". Una ipotesi - continua Vito - che diventa ancor più inquietante davanti al fragoroso silenzio di tutti gli esponenti del centrosinistra, anche di quelli che in passato si sono fregiati del titolo di garantisti".

Da parte della maggioranza le poche voci di commento alla vicenda arrivano per lo più dalla Puglia. Il presidente della Regione, Nichi Vendola, sollecitato dai giornalisti, non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Duro l'assessore regionale al diritto allo studio, Mimmo Lomelo (Verdi): "Le indiscrezioni di stampa - ha detto - rivelano una gravità; se è vero che è stata fatta un'opera di corruzione io ritengo che questo episodio vada denunciato fortemente. Nel frattempo comunque siamo rispettosi e garantisti fino in fondo perchè bisogna verificare il ruolo politico avuto nella vicenda. Non stiamo parlando di un assessore o di un consigliere, stiamo parlando del nostro ex presidente di giunta regionale".

(20 giugno 2006)

 

 

 

 

 

Angelucci, un impero tra cliniche e giornali

ROMA - Cliniche, strutture sanitarie e quotidiani. E' un impero ampio e variegato quello della famiglia Angelucci. A capo c'è Giampaolo, 35 anni, da oggi agli arresti domiciliari e che da anni è uno dei protagonisti della sanità laziale ed italiana. L'impero Giampaolo lo ha ereditato dal padre, Antonio, fondatore della Finanziaria Tosinvest spa: è lui che ha creato un vero e proprio "network" di cliniche e strutture per la riabilitazione in tutta Italia particolarmente concentrate tra il Lazio e la Puglia.

La Tosinvest dispone di strutture sanitarie accreditate presso il Ssn che garantiscono in totale 3000 posti letto. La società gestisce inoltre il presidio ospedaliero di Ceglie Messapica, 5 residenze sanitarie assistenziali nel Lazio e 11 in Puglia. Da Giampaolo Angelucci dipende anche il San Raffaele di Roma divenuto istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) sotto la precedente giunta regeionale di centrodestra guidata da Francesco Storace.

La famiglia romana è attiva anche nel mercato dell'editoria grazie alla proprietà dei quotidiani Libero e Il Riformista. In passato gli Angelucci avevano una partecipazione anche nell'Unità.

Non è la prima volta che degli Angelucci si occupano le cronache: nel 1999 polemiche di speculazione accompagnarono l'acquisto e la successiva vendita al ministero della Salute del San Raffaele di Roma, dopo che l' allora assessore regionale alla sanità Lionello Casentino negò alla struttura di accreditamento.

Giampaolo Angelucci è attualmente presidente della Tosinvest Sanità, è membro del Cda di Capitalia e vicepresidente dell'associazione italiana ospedalità private.

(20 giugno 2006)

 

 

 

L'UNITA'

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2009-10-13

Tangenti, chiesto rinvio a giudizio per Fitto e Angelucci

Si è conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio per 78 dei 90 indagati la discussione dell'udienza preliminare a carico, tra gli altri, del ministro per gli Affari Regionali, Raffaele Fitto (Pdl), e dell'editore e imprenditore romano Giampaolo Angelucci. La richiesta è stata fatta dalla pubblica accusa al termine dell'udienza del procedimento "La Fiorita", che si celebra dinanzi al gup di Bari Rosa Calia di Pinto.

All'udienza, che si concluderà il 30 novembre prossimo, è costituita parte civile la Regione Puglia. I fatti contestati fanno riferimento al periodo compreso tra il 1999 e il 2005, quando Fitto era presidente della Regione Puglia, e si prescriveranno tutti entro il 2012. A Fitto i magistrati della procura barese contestano i reati di associazione per delinquere, peculato, concussione, corruzione, falso, abuso d'ufficio e illecito finanziamento ai partiti. I reati di corruzione e di illecito finanziamento di 500.000 euro al partito di Fitto "La Puglia prima di tutto" si contestano anche all'editore de il Riformista e di Libero Angelucci.

Secondo la difesa di Fitto, i reati contestati sono insussistenti, anche perché il finanziamento elettorale ricevuto fu regolarmente registrato. Prima della discussione il gup ha ammesso sette imputati al giudizio con rito abbreviato e per altri cinque, tra i quali l'imprenditore campano Alfredo Romeo (accusato di turbativa d'asta e di concorso in rivelazione del segreto d'ufficio), ha disposto l'invio degli atti alla procura di Roma per competenza territoriale. Il gup ha inoltre respinto tutte le eccezioni del difensore di Fitto, l'on.Francesco Paolo Sisto (Pdl), relative alla inutilizzabilità delle intercettazioni e di alcuni atti d'indagine.

Il reato di corruzione contestato a Fitto ed Angelucci riguarda una presunta tangente di 500.000 euro pagata - secondo i pubblici ministeri - dall'editore al movimento politico creato da Fitto per le regionali dell'aprile 2005, "La Puglia prima di tutto" (che candidò alle ultime leezioni baresi anche la escort Patrizia D'Addario). Il danaro fu elargito - sostiene la procura - per ottenere dalla giunta regionale pugliese, nel 2004, l'aggiudicazione dell'appalto settennale da 198 milioni di euro per la gestione di undici Residenze sanitarie assistite (Rsa). Per questi fatti Angelucci, il 20 giugno 2006, fu posto agli arresti domiciliari per alcuni giorni; per Fitto, che nel frattempo era diventato parlamentare di Forza Italia, la magistratura barese chiese senza successo alla Camera l'autorizzazione a procedere all'arresto.

L'indagine - nella quale sono coinvolte anche 14 persone giuridiche, molte delle quali del gruppo Angelucci - riguarda una presunta associazione per delinquere finalizzata al compimento di reati per assicurare alla società barese "La Fiorita" le concessioni di servizi di pulizia, sanificazione ed ausiliariato da parte di enti pubblici e di Ausl pugliesi. Ciò - secondo l'accusa - per far conservare alla società una posizione di monopolio nel settore, per realizzare profitti illeciti e per gestire in modo clientelare numerosissimi posti di lavoro. A Fitto si contesta di aver offerto "copertura politica" all'attività dell'associazione a capo della quale vi sarebbero stati Dario e Pietro Maniglia, proprietari della Fiorita.

Nel procedimento sono imputati anche il presidente e il dg di Aeroporti di Puglia, Domenico Di Paola (accusato di corruzione) e Marco Franchini (turbativa d'asta), l'editore salentino Paolo Pagliaro (corruzione), il consigliere regionale Giovanni Copertino (Pdl), l'ex assessore regionale di Fi Andrea Silvestri (truffa e turbativa d'asta) e l'ex dg dell'Ares Puglia Mario Morlacco (falso).

12 ottobre 2009

 

 

il SOLE 24 ORE

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